La biblioteca di Giovanni Vailati

Una mostra per il Centenario

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Home Il pensiero di Vailati
Il pensiero di Vailati da alcuni estratti e citazioni

Il Pragmatismo

“… L’unico senso nel quale il “pragmatismo” possa considerarsi avere un carattere “utilitario”, è in quanto esso conduce a scartare un certo numero di questioni “inutili”: inutili, però, non per altra ragione che perché esse non sono che delle questioni apparenti, o, più precisamente, non sono delle questioni affatto. Quando, per esempio, ci troviamo in presenza di due asserzioni, e non siamo in grado di assegnare quali siano le esperienze particolari che dovrebbero verificarsi perché una di esse risulti vera e l’altra no, il domandarsi quale di esse sia vera non è propriamente proporsi una questione: le due asserzioni debbono in tal caso, secondo il Peirce, essere considerate semplicemente come due modi diversi di dire una stessa cosa. Tutto ciò non ha impedito ad alcuni interpreti della dottrina pragmatistica di identificarla con quella attribuita a Protagora, espressa nel noto aforisma “L’uomo è la misura di tutte le cose”; colla dottrina, cioè, secondo la quale non vi sarebbe altro criterio della verità di un’affermazione se non la pura sensazione, intuizione, o convinzione personale di chi afferma. Un tale equivoco è tanto più curioso in quanto il principale documento su cui si fonda la nostra conoscenza delle idee di Protagora (cioè il Teeteto di Platone) ci presenta appunto Socrate intento a difendere, contro Protagora, la tesi propugnata dal Peirce sotto il nome di “pragmatismo”…”.

(G. Vailati, “Le origini e l’idea fondamentale del Pragmatismo”, in Scritti di G. Vailati, 1911, p. 921)

 

William James

William James, Pragmatism: a new name for some old ways of thinking, New York, Longmans, 1907

“… lo schema del James taglia, per così dire, i viveri a ogni sorta di speculazione metafisica e ontologica, negando risolutamente, non solo qualsiasi importanza, ma anche qualsiasi significato, a ogni questione che non si riferisca alle nostre esperienze effettive, o possibili, o alle connessioni che riconosciamo, o immaginiamo, sussistere tra esse. Esso mira ad emancipare non solo la psicologia ma anche le altre scienze, e con esse la filosofia, da quella preoccupazione per le pseudo-questioni che mette così spesso i filosofi nella posizione del cane della favola attraversante il ponte con un pezzo di carne in bocca, e che lo lascia cadere per l’ingordigia di afferrare anche quello che gli è presentato dalla sua immagine riflessa nell’acqua…”.

(G. Vailati, “La concezione della Coscienza di William James”, in Scritti di G. Vailati, 1911, p. 644)

 

Mach

Ernst Mach, Erkenntnis und Irrtum: Skizzen zur Psychologie der Forschung, Leipzig, Barth, 1905

“… La storia delle scienze, insegnandoci come la gran nemica di ogni progresso intellettuale sia stata sempre la tendenza a mutilare e svisare la natura per farla violentemente entrare nel letto di Procuste dei preconcetti tradizionali, e mostrandoci come quelli che noi chiamiamo preconcetti non sono che le dottrine e le teorie scientifiche corrispondenti ad uno stadio anteriore di sviluppo delle conoscenze umane, ci pone in guardia contro il pericolo inerente al credere che, perché un’ipotesi o una teoria è stata utile e feconda in passato, deve per ciò solo continuare a rimaner tale anche per l’avvenire.

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