Presentiamo Mario Dal Pra: l'uomo, il filosofo

Una mostra biografico-documentaria dall'archivio inedito

Giacomo S.

ex studente di Mario Dal Pra ai tempi in cui insegnava al liceo classico
Vicenza 10 Agosto 1950

Illustrissimo Professore,

                è giusto che lei conosca la via per la quale si sono incamminati i Suoi alunni di liceo, che da lei hanno ricevuto educazione e cultura. Forse non le dispiacerà conoscere anche la mia strada via: è una via che io non prevedevo neppure quando ero sui banchi del Liceo “Pigafetta”, eppure già allora mi ero messo a cercarla.

                Uscito “maturo” (per modo di dire) dalla scuola media superiore mi sono iscritto alla facoltà di Lettere. Non ho neppur potuto finire gli esami del primo anno poiché sono stato arrestato per attività antitedesca. Fui liberato, dal carcere, ma scortato fino in Germania dove venni assegnato alla divisione fascista di Alpini “Monte Rosa”. Venni in Italia nel luglio 1944 e ne approfittai subito per entrare in una formazione partigiana “Giustizia e Libertà”, operante in Emilia.

                Nel periodo di lotta per la democrazia era maturata in me la convinzione che la caduta del totalitarismo avrebbe segnato per l’Italia l’ora di una rinascita non solo politica ma anche morale. Le mie illusioni erano esagerate e, in molti punti puerili.

                La democrazia sarà sempre il più perfetto sistema di governo che si conosca, ma resta il fatto che l’egoismo e la corruzione hanno radici nel fondo dell’anima umana e non sono soltanto frutto di situazioni politiche.

                Questa amara, ma realistica constatazione l’ho cominciata a fare durante la vita partigiana e l’ho completata nell’estate 1945. Ho capito che non c’è nessun sistema politico che abbia un valore assoluto, ma che tutti i sistemi, ho anche quello democratico, hanno un valore relativo alle circostanze e alle persone.

                Ho cercato un’ideologia che fosse contemporaneamente la base per la riforma morale e l’anima della riforma politica. Mi sono rivolto naturalmente alla mia Fede cristiana.

                Riflettendo un po’ ho visto che ciò che poteva risolvere i miei problemi era non semplicemente un’ideologia o un insieme di dottrine morali e sociali, ma la Persona di Gesù Cristo, origine ed oggetto della Fede. Egli essendo come Dio trascendente la nostra natura mutevole è il punto fermo, il polo magnetico che orienta la nostra rotta.

                Gesù legandoci a sé con la sua sovranità universale e soprattutto donandoci in modo soprannaturale la sua stessa vita ci fa superare il nostro individualismo e nello stesso tempo impedisce a qualsiasi potere umano di esercitare un dominio assoluto e incontrollato sulla comunità.

                Questa Fede e questa Speranza in Gesù mi hanno spinto a consacrarmi tutto al suo servizio.

                Per essere completo devo anche dire che accanto alla mia piena fiducia nei poteri della Persona divina di Gesù vi è stata anche una viva simpatia ed affetto per la sua umanità. Dopo tante delusioni avute da uomini di ogni classe e di ogni partito sentivo il bisogno di trovare riassunte in un uomo tutte quelle doti umane che desideravo. Le ho trovate in Gesù. Ora cerco di vivere unito a Lui. Egli resta sempre l’Altissimo, l’Uno e il Tutto l’immenso eppure mi attira presso di sé per riscaldarmi col calore della sua vita. Io resto distinto da lui eppure agisco per mezzo suo ed in lui edifico me stesso. Questo ideale mi ha condotto al Sacerdozio e spero mi condurrà fino al giorno del mio definitivo incontro con l’eternità.

Lei vede che, partito con intendimenti umanitari per cercare la soluzione di problemi terrestri, mi sono poi rivolto ai problemi dello spirito e dei miei rapporti personali con Dio. Ora da Sacerdote spero di poter mettere a servizio degli altri le preziose meditazioni di questi miei ultimi anni.

                E nel mio operare cercherò di avere quell’acuto senso critico di cui lei mi è stato maestro.

                Senso critico soprattutto nel controllare il movente e lo scopo di ogni mia azione.

Come in una costruzione logica è costruita sulla sabbia se ha per base un sofisma, così una vita è vuota di senso se è offuscata da qualche compromesso con la propria coscienza. Nessuno può credere che la propria vita sia stata senza ombre, ma quel che importa è saperle distinguere e farle dileguare.

                Questa è l’opera che debbo compiere per me e per gli altri.

                Sono certo che, qualunque siano le sue convinzioni personali, lei avrà compreso il valore della mia decisione di farmi prete, e credo anche che ciò non le dispiaccia.

Le esprimo ancora la mia riconoscenza per la non piccola parte che lei ha avuto alla mia formazione intellettuale e la saluto

                               Suo obbligatissimo ex allievo

Giacomo S.

Sacerdote

Maria L. F.

sconosciuta incontrata casualmente sul treno
Novate Milanese, 5 Maggio 1976

 

Illustrissimo Professore,

                non posso fare a meno di esprimerle tutta la mia ammirazione, dopo avere letto su “Gente” l’articolo dedicato a Lei.

                Ero sul treno “Roma Milano” lunedì 26 ultimo scorso di fronte a Lei, si ricorda? Forse nò [sic] ma non à [sic] importanza. Spiace immensamente a me perché ò [sic] perso l’occasione di parlarle, di farle tante domande alle quali Lei mi avrebbe risposto con quella Sua gentilezza che fà [sic] di Lei un grande personaggio, un filosofo appunto come io l’avevo giudicato.

                Mi rimane la soddisfazione di aver capito di avere di fronte un filosofo, il mio istinto non aveva sbagliato, e di questo sarà contento anche mio fratello (si ricorda il frate pittore) che mi à [sic] sempre insegnato a conoscere e a stimare le persone.

                Non mi resta che farle un mondo di auguri per i suoi studi e per il compito così difficile che si è scielto [sic] nella società.

 

Con tanta stima

               Maria L. F.